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Il governo contro gli studenti?

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    Il numero due di Elsa Fornero al dicastèro del Lavoro ha parlato così della situazione dei giovani universitari italiani. Unanime la condanna per la terminologia utilizzata dal viceministro, diverso il discorso per il contenuto della sua presa di posizione
    Hai 28 anni e non ti sei ancora laureato? Allora sei uno sfigato. Parola del viceministro del Lavoro, Michel Martone, che alla sua prima uscita pubblica – ovvero un convegno sull’apprendistato organizzato dalla Regione Lazio – non ha usato mezze misure per esprimere il suo parere sulla situazione degli universitari italiani e sul loro rapporto con il mondo del lavoro. ”Dobbiamo iniziare a far passare messaggi culturali nuovi – ha detto il numero due di Elsa Fornero – : dobbiamo dire ai nostri giovani che se non sei ancora laureato a 28 anni, sei uno sfigato”. Diverso, a parere del viceministro, il discorso per chi sceglie di provare l’inserimento nel mondo del lavoro senza passare dall’università. “L’importante è fare qualcosa bene – ha detto Martone – Se decidi di fare un istituto tecnico professionale a 16 anni sei bravo e se sei essere secchione non è male”.
    Un’uscita, quella del viceministro del Lavoro, che ha provocato immediatamente una marea di reazioni. La condanna per la terminologia utilizzata da Martone è unanime, non così per quanto riguarda il succo del suo discorso. Tra i più critici Antonio Borghesi, vice capogruppo alla Camera dell’Italia dei Valori. ”Ci sentiamo in diritto ed, anzi, in dovere, di far presente al ministro che i messaggi culturali positivi, su cui, per altro, siamo pienamente d’accordo, sono ben lontani dall’assegnazione del bollo di sfigato a chi non si laurea entro i 28 anni” ha detto l’esponente dell’Idv, secondo cui “è fuori luogo che un ministro della Repubblica si erga a giudice di chi tarda a conseguire la laurea, perché magari ha un posto di lavoro da conservare gelosamente, vista la situazione nera nel nostro Paese”. “Il ministro del lavoro – è il ragionamento di Borghesi – anziché gettare sentenze offensive su chi ancora studia, farebbe meglio a parlare della materia che è chiamato a rappresentare e dei modi in cui intende affrontare la disoccupazione. Semmai, inviti il suo collega che si occupa dell’istruzione a concepire norme sul diritto allo studio che consentano di rendere più breve il percorso di laurea anche agli studenti lavoratori”.
    Dalla parte degli studenti il leader di Sel e governatore della Regione Puglia, Nichi Vendola, che ha detto di conoscere “tanti ragazzi e tante ragazze della mia regione che si sono laureate a 23 anni. E che a 28 sono all’ennesimo lavoro precario. Non li considero sfigati”. Il presidente di Sinistra Ecologia Libertà, invece, considera sfigati “coloro che per censo o per raccomandazione passano davanti a questi ragazzi. Da coloro che rappresentano il governo del Paese – ha sottolineato Vendola – ci si aspetterebbe un maggior senso di responsabilità. Il folclore e le battute sprezzanti non sono obbligatorie”.
    Completamente diversa la presa di posizione di una parte del mondo universitario. Almeno di quello ‘privato’. Secondo il direttore generale della Luiss di Roma, Pierluigi Celli, “la frase è un po’ forte, ma affronta un problema reale”. Celli, infatti, partendo dalle affermazioni del viceministro del Lavoro, ha ricordato che “oggi la media di età dei neolaureati italiani è superiore ai 27 anni, mentre la media europea non arriva a 24 anni. Oramai, il mercato del lavoro non è più nazionale ma quanto meno europeo se non internazionale. E allora – ha sottolineato il direttore dell’università di Confindustria – i giovani italiani con la laurea rischiano di presentarsi con tre, quattro anni di ritardo rispetto ai giovani europei”.
    Durissima, al contrario, la reazione dell’Unione degli Universitari, “indignata” per le dichiarazioni del viceministro. “Constatiamo di essere di fronte alla classica dichiarazione di una persona che non ha un minimo attaccamento con la realtà di cui parla, né tantomeno un briciolo di rispetto per gli studenti e le famiglie che ancora oggi, nonostante le mille difficoltà economiche e un’organizzazione della didattica spesso incoerente, cercano di proseguire nel percorso ad ostacoli della laurea: ostacoli di ordine economico e sociale” ha spiegato Michele Orezzi, coordinatore nazionale dell’Udu.
    La dichiarazione del viceministro del Lavoro, del resto, sembra ripercorrere quella dell’ex ministro dell’Economia del governo Prodi, Tommaso Padoa Schioppa, che parlò di ‘bamboccioni’ per descrivere quei giovani che restano a casa troppo a lungo. In entrambi i casi, oggetto delle uscite più o meno infelici degli esponenti del governo sono i ragazzi, che finiscono puntualmente nel mirino di ministri che si trovano a fronteggiare le conseguenze della crisi economica, insieme alle abitudini consolidate di un Paese che tende a lasciare i giovani indietro. Quattro anni fa, Padoa-Schioppa usò l’espressione ‘bamboccioni’ per indicare uno degli obiettivi della sua Finanziaria, che prevedeva agevolazioni per gli affitti dei più giovani. Oggi, invece, Martone, con il suo ‘messaggio chiaro’ fa riferimento a una situazione senz’altro peggiorata. La crisi economica ha accentuato un ritardo, quello dell’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, che i dati sulla disoccupazione giovanile, ormai al 30 per cento, e i due milioni di ragazzi che non studiano e non lavorano, rischiano di rendere drammatico.

    e ancora

    Il Governo studia nuove regole per la valutazione del merito. Accesso libero ai concorsi pubblici, il voto potrebbe non contare più mentre sarà decisiva l’università di provenienza
    Il 110 e lode? Presto potrebbe non contare più. Nel Curriculum interesserà invece il prestigio dell’università di provenienza. Queste alcune delle novità del piano di studi che sarà discusso venerdì prossimo in Consiglio dei Ministri relativamente al valore legale della laurea e del suo valore nei concorsi pubblici. Nuove regole per valutare il merito. Valutare la persona in base alle sue singole competenze e non al famoso “pezzo di carta”.
    Università a confronto. Il Governo è pronto a presentare un provvedimento che farà molto discutere. È prevista infatti la creazione di un nuovo sistema di valutazione del valore specifico dei diplomi di laurea ossia la qualità, la serietà, il prestigio accademico dell’università che lo ha rilasciato. Le università non saranno più considerate tutte uguali e quindi anche i loro laureati saranno valutati in modo diverso. Un laureato dell’università “La Sapienza” potrebbe essere valutato diversamente da uno dell’Università degli Studi di Bari. Un 110 preso alla “Bocconi” non considerato alla pari di quello ottenuto presso “Roma Tre”. Ciò che di fatto avviene già per la selezioni di candidati da parte di aziende del settore privato verrebbe così trasferito anche al settore pubblico. Un provvedimento che non convince anche solo dalle premesse. E immancabile, su Facebook, è spuntata la pagina “Per un’università meritocratica“.
    Voto e corso di laurea non contano più. Le novità del provvedimento non finirebbero qui. Se da un lato le università di provenienza potrebbero costituire un criterio discriminante o di vantaggio nella ricerca di un’occupazione, al contrario non lo sarebbero più i voti di laurea e il corso di laurea scelto. Tradotto, questo significherebbe che ai concorsi pubblici tutti potrebbero presentare domanda di partecipazione. Basta avere il titolo. Si fa riferimento soprattutto ai concorsi per i quadri dirigenziali mentre si escludono quelli che prevedono competenze specifiche come le materie ingegneristiche. Anche per quanto concerne la votazione finale della laurea, i candidati sono su un livello di parità. Che sia un 110 e lode o un 98 non importa. Secondo il piano, il voto non costituirebbe più un elemento di punteggio. L’intento del provvedimento sarebbe infatti quello di valutare le reali capacità che il candidato è in grado di dimostrate durante il concorso a prescindere dal suo curriculum.
    Regole nuove che nel settore privato sono di fatto già attuate ma che per la pubblica amministrazione costituirebbero una vera e propria rivoluzione. Confindustria è decisamente favorevole nei confronti di questa svolta che considera in linea con la politica della liberalizzazione e più giusta nei confronti delle università meritevoli. Tuttavia ritiene che si dovrebbe parallelamente intervenire per aiutare gli studenti e le loro famiglie nella scelta dell’università e della facoltà, scelta che si rivelerà determinante per il loro futuro.


    ...e dopo gli sfigati che dilatano i tempi di studio di Martone, ecco a voi le università di serie A e di serie B in una società in cui chi ha più soldi è anche più intelligente e chi non può permettersi di pagare la retta di un'università privata non è un semplice sfigato ma addirittura un arrampicatore sociale senza meriti, in cui un 30 a Reggio Calabria è uguale ad un 18 della Sapienza!
    è il caso di dire...BENVENUTI AL NORD!
     
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