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alessandro (genova).
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Una storia da dimenticare? Da non raccontare? Forse non e' neanche
cosi' complicata, se ancora si ha la capacita' di usare la
memoria, i sentimenti, le emozioni, le sensazioni. E, forse, neanche ‘sbagliata’. E' solo una storia, e
le storie non sono mai ‘sbagliate’ o ‘giuste’, semplicemente
vanno prese e guardare da ogni angolazione possibile, perche' ogni storia e' una
serie di domande che aspettano risposta. Domande a volte espresse
per affermazione o come racconto, come una serie di immagini; domande
che ne generano delle altre, dalla piu' semplicealla piu' complessa. Domande che non si fanno piu'. Ricordo spesso come dalla domanda piu' semplice scaturivano discussioni nelle quali ci si logorava intellettualmente nello sforzo di rispondere, a quelle cazzo di domande. E neppure quelle risposte erano ‘giuste’ o ‘sbagliate’; erano solo risposte.
Una storia politica o una storiaccia da ‘basso impero’? Perche' c'e'
di mezzo la morte di un uomo, Pier Paolo Pasolini, che ha fatto politica
che ha segnato quella del suo tempo, in questo tanto celebrato
‘dopoguerra’ che e' sempre di piu', oramai, un ‘anteguerra’ o forse,
addirittura, un tempo di guerra; il cannone nel cortile lo lucidiamo
sempre, dev'essere pronto in ogni momento. Fabrizio de Andre' sa
esprimersi per contrari: una storia da dimenticare quando, con le sue
parole, la fissa per sempre nella memoria; una storia da non
raccontare quando, con le sue parole, la racconta come forse nessun
altro ha saputo fare.
Non sono e non sono mai stato un ‘pasoliniano’, oltre che per lo scarto anagrafico, più ancora per dissonanza ideale.
Serenamente dico che su questo distacco pesa, e pesera' sempre, la storia
di Valle Giulia e dei celerini ‘figli del popolo’. Che vada, definitivamente, a fare in culo il ‘popolo’! Se il ‘popolo’ è questa massa informe e indistinta di ignavi, di pavidi, di indifferenti, di menefreghisti, di avidi e aridi che ogni giorno vediamo agitarsi sotto i nostri occhi. Allora, ripeto, insisto e rimarco: questo popolo qui, mi fa schifo vada a farsi fottere!
Una storia un poco scontata, come dicono anche le cronache
giudiziarie; talmente scontata che la reazione generale fu quasi di
logicita': Pasolini non poteva che finire cosi'. Un ragazzino adescato
in qualche borgata di Roma, un ‘terrain vague’ di
periferia. Delle cose chieste, domande, e rifiutate, risposte. Una
botta e via: una pietra sulla testa; fu quella la botta. E il ‘via’ di
pneumatici che sgommano, che passano sopra un cadavere, che lo
sconciano. Processi, giudici, giurati, condanne, galere. Una panoplia
di cose gia' ‘deandreiane’ di per se'; una storia scontata, sbagliata,
normale, diversa e, al tempo stesso, un destino ridicolo. Una storia
sconclusionata. Ma di quale natura?
Se fosse solo una storiaccia di cronaca nera, perche' dovrebbe essere
‘insabbiata’? E quella ‘spiaggia ai piedi del letto’ che riporta ad
un'altra, antica storiaccia: il caso di Wilma Montesi: c'era di mezzo
un politico democristiano. Flash che arrivano, flash contemporanei,
flash di una Roma dove si moriva male (e si viveva peggio, nelle borgate, nei quartieri di periferia…), per mano poliziotta, per mano
fascista, per mano ben protetta: come quella degli stupratori del
Circeo. Quelle facce di merda da ‘bravi ragazzi’, Angelo Izzo, Andrea
Ghira e compagnia merdando. La faccia insanguinata di Donatella Colasanti. Fu
lo stesso anno della morte di Pasolini, il 1975; solo qualche mese prima. Storie sbagliate? Storie ordinarie? Diverse? Storie che si intrecciano, perche' tutto questo riesce a riportare alla mente una
canzone. In questi casi, spesso, si tira in ballo l' affresco, immaginato da altri.
Notti concitate che hanno valicato gli anni; e tante altre che non lo
hanno fatto. Che non sono state ‘risapute’. Forse De Andre' ci ha
voluto parlare anche di quelle, o soprattutto di quelle.
Ora che il cielo ha colpito al centro quelle vite, ora che quelle vite
pian piano si spengono definitivamente nella dimenticanza e nell’oblio, ora che
tornano i tamburi battenti dell' ‘arte per l'arte’ e' bene far vedere
che De Andre', con la sua ARTE, poneva e causava soprattutto domande
di varia natura. Era lui che scolpiva ai bordi, non il cielo! I
carabinieri ci hanno lavorato sopra quanto dovevano farlo, e avranno
fatto il loro solito lavoro, fatto di manette, pestaggi, abusi e violenze e verità, se non sommarie, di certo troppo facili e scontate. I rotocalchi dai parrucchieri sono da
secoli finiti al macero; qualcuno sara' stato persino ‘riciclato’. Per
altre storie; perche' mica sono finite quelle notti di novembre, solo, non
ci sono, purtroppo, piu' molte persone capaci di raccontarle, queste
storie ‘sputtanate’ di tutti i giorni, di tutti i minuti, alla portata di ogni vita.
Ma noi ci chiediamo sempre, e su tutto, come e' andata. In quel ‘non
ci chiedere più’ finale e' contenuto il suo contrario: chiedici
sempre! Chiediamocelo sempre, per ogni storia. Lo sappiamo che tutto
sara' sempre sbagliato, soprattutto le ‘verità’ ufficiali che si impongono su queste storie, come no; ma quando non ce lo chiederemo piu', uscendo di casa, saremo morti. E io voglio essere vivo. Vivo come
Fabrizio de Andre'!
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